Perché i genitori preferiscono il panino alla mensa scolastica?


A Torino sempre più bambini e ragazzi pranzano con quello che si portano da casa, a Milano le cose non vanno meglio, soprattutto nelle scuole dell’infanzia. Abbiamo chiesto alla responsabile di FoodInsider cosa non funziona
Il caso Torino continua, anche quest’anno, a fare notizia. Le disdette dal servizio mensa sono aumentate di 712 bambini rispetto allo scorso anno: 5.242 rinunce su un totale di 32.272 iscritti nelle scuole primarie e secondarie. Circa il 16% delle famiglie, in altre parole, rinuncia al servizio pubblico e prepara a casa il pasto per il figlio. Qualcosa che svilisce un sistema dalle potenzialità enormi: un’occasione per la scuola di farsi anche scuola di vita e alimentazione, preparando al mondo, alla vita e al lavoro, una popolazione più sana e longeva. Ma perché succede soprattutto a Torino? Si sa che lì la qualità è particolarmente scarsa e il prezzo alto: 7,10 euro a pasto. Ma i genitori di altre città non sono messi meglio. Milano fu la prima, 8 anni fa, a lanciare la protesta del panino, e continua a protestare, oggi, a colpi di “Non conformità”: le bocciature per qualità o gradimento date dai genitori (che si iscrivono a “Commissari Mensa”) durante i controlli, segnate in apposite schede poi consegnate all’azienda, ma solo per la scuola materna (non è ammesso per il nido).



Nella speranza che qualcosa cambi.
Come vanno le cose a Milano? Limitatamente alle mense del nido e della materna, conosco due realtà opposte, e paragonarle dà l’idea del problema. Ho un bambino iscritto a una scuola materna pubblica (Scuola Comunale dell’Infanzia di Piazza SS Trinità), che riceve i pasti – come tutte le scuole pubbliche da Milano Ristorazione, un’azienda di proprietà del Comune.

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